L'incendio del Teatro La Fenice di Venezia

L’Incendio Della Fenice

Di Michele Barca

La notte del 29 gennaio 1996 un disastroso rogo distrusse il teatro La Fenice. Uno dei simboli della città, uno dei teatri più belli, dalla straordinaria acustica e protagonista da sempre della vita operistica, musicale e culturale italiana ed europea, ospita le prime delle piu’ note opere liriche di Rossini, Bellini e Verdi, fu ridotto in poche ore in cenere. Una notte terribile il cui ricordo è ancora vivo nella memoria dei veneziani. Il dibattito che si scatenò nei giorni seguenti al rogo coinvolse le forze politiche, storici e grandi firme del giornalismo. Tutti espressero le loro opinioni, rilasciarono dichiarazioni, parteciparono ad accesi dibattiti su cosa non funzionò quella notte e su cosa bisogna fare per evitare ulteriori disastri del genere.

Altri cercarono di dare un significato a quello che era successo. Per alcuni la distruzione della Fenice rappresentava il funereo presagio di una città che non è più in grado di salvaguardarsi e che lentamente si sta autodistruggendo. Per altri era il simbolo della nuova rinascita. Il dopo Fenice, con l’opera di ricostruzione del teatro, rappresentava una finestra mondiale per il rilancio di Venezia, una città in grado di risorgere e potersi affermare nel nuovo millennio.

Ma quello che probabilmente sfuggi a molti è che quella notte la città di Venezia corse il suo più terribile pericolo trenta anni dopo l’alluvione del 1966. In quei giorni fu la potenza della natura, elemento incontrollabile da parte dell’uomo, che mise in apprensione i cittadini. La sera del 29 gennaio 1996 fu la stupidità dell’uomo e una serie di circostanze a far si che il disastro si materializzasse.

 Sono le 20.59 quando una pattuglia della Volante della Polizia, passando per caso dalle parti del Teatro, vede del fumo uscirne e sente i crepitii del fuoco, avvisando immediatamente la sala operativa del 113.

Nel frattempo arrivano le prime telefonate alla Sala Operativa dei Vigili del Fuoco di Venezia sita a Cà Foscari. Le prime informazioni descrivono la presenza di un fumo denso e acre provenire da Corte San Gaetano, un piccolo campiello che si affaccia sul Teatro La Fenice.

Alle 21.03 la prima partenza di Venezia è sul posto. Il Capo Squadra si rende subito conto della gravità della situazione chiedendo l’invio di ulteriore personale.

Le finestre del ridotto del loggione sono aperte, non ci sono i tipici balconi veneziani, rimossi per la manutenzione, solamente dei fogli di nylon sono messi a protezione. Questo a causa dell’elevata temperatura si rompe e fuoriescono le prime fiamme.

In pochi minuti arriva la seconda squadra, le fiamme si stanno propagando velocemente e in pochi minuti hanno già coinvolto tutto il primo piano. Mentre la prima squadra stende le tubazioni sul lato sinistro del teatro la seconda squadra inizia a operare sul lato destro.

Le fiamme fuoriescono dai balconi e lambiscono gli edifici vicini, le calli in quella zona sono molto strette, si cerca di circoscrivere l’incendio impedendo che questo si propaghi anche agli edifici adiacenti.

Nel frattempo il comandante Alfio Pini assieme al Capo Squadra della prima partenza Dario Visinoni riescono ad entrare nel teatro dal portone principale.

Salgono, rapidamente, le scale che portano dal foyer verso le Sale Apollinee. Si accorgono che oramai il fumo ha completamente invaso il piano e le fiamme corrono velocemente attraverso i muri e il soffitto.

Alle 21.10 parte anche una squadra dalla sede di Mestre, l’ufficiale di guardia il perito Muneretto viene informato sulla situazione. Decide di raggiungere subito Venezia avvisando la Sala Operative di Mestre di mettere in allarme i comandi di Treviso e Padova per inviare personale in supporto a quello già operante. Ma oltre al personale in servizio sono molti i Vigili del Fuoco del Comando di Venezia, fuori servizio, che volontariamente decidono di rientrare e si presentano alla sede di Cà Foscari.

Le squadre non potendo entrare nel teatro dal foyer tentano di fermare l’incendio dalle Sale Apollinee che si affacciano in Campo San Fantin, ma le finestre sono chiuse da grossi balconi alti un paio di metri, nel tempo impiegato per aprirli, le fiamme riescono a propagarsi e una volta aperti i balconi le sale sono completamente invase dal fuoco è impossibile fermarle.

L’incendio di un teatro è abbastanza difficile da affrontare, per la sua struttura, se l’incendio raggiungere il tetto non c’è più nulla da fare.

Alle 21.18 le fiamme forano il soffitto delle sale e fuoriescono dal torrino della scenografia.

La scenografia si trova nel sottotetto del teatro, quindi l’incendio ha raggiunto l’ultimo piano del teatro e velocemente inizia ad aggredire il tetto.

Nel frattempo le fiamme fuoriuscendo da torrino della scenografia portano nel cielo lapilli e cenere, il cielo di Venezia si colora di un rosso spettrale.

Alle 21.25 viene fatto un ulteriore tentativo per cercare di salvare il teatro. Una squadra entra dal lato portineria, che comunica direttamente con il palco del teatro. Ma una volta all’interno il fuoco aveva già distrutto una buona parte dei palchi. Non c’era più niente da fare.

A quel punto l’unica cosa da fare fu quella di recuperare tutte le bombole GPL, utilizzate per i lavori di restauro, nelle diverse zone del teatro.

Alla fine di questa operazione il Comandante dette l’ordine che nessuno entrasse nel teatro e che le squadre si posizionassero tutte attorno al teatro, sia nelle strette calli sia sui tetti degli edifici vicini. Oramai l’obiettivo era quello di evitare che l’incendio si propagasse agli edifici attorno, quindi di salvare la città.

Un ulteriore problema è stato quello dell’acqua. In quel periodo il comune di Venezia aveva deciso, con la chiusura del teatro, di provvedere all’escavo dei rii attorno all’insula della Fenice. L’insula si trova nel cuore del centro storico e i quattro canali che la circondano sono chiusi. A causa di questo le autopompe lagunari non possono posizionarsi nella parte posteriore del Teatro.

Alle 21.30 per risolvere questo problema fu deciso di far intervenire la motopompa della Marittima. Il mezzo viene fatto attraccare nell’approdo più vicino, Santa Maria Del Giglio, che comunque dista centinaia di metri dal luogo dell’intervento. Per realizzare la rete di tubazioni ci sono voluti molti minuti.

I tizzoni infuocati iniziano a volare sopra i tetti di Venezia anche a causa del forte vento, un nuovo problema, la paura che questi tizzoni possano in qualche modo innescare l’incendio sui tetti della citta.

Alle squadre viene dato l’ordine di raggiungere i tetti degli edifici adiacenti al teatro, dai quali si cerca di controllare che l’incendio non si propaghi. La cosa non è facile, Venezia ha una struttura architettonica molto particolare, non è detto che da un determinato edificio si possa raggiungere il tetto. Bisogna accertarsi che l’edificio sia quello giusto, anche perché bisogna predisporre il materiale da usare per proseguire le operazioni di spegnimento e oramai non si può più perdere tempo.

La lunghezza delle tubazioni, l’altezza degli edifici, creano ulteriori problemi con la pressione delle tubazioni in alcuni casi insufficienti.

Alle 22.13 crolla il tetto della scenografia.

Alle 22.55 crollo tetto platea.

Psicologicamente è stato un intervento difficile, la veloce propagazione delle fiamme ha creato uno stato d’impotenza e agitazione, vedere l’incendio progredire molto rapidamente e non dare il tempo di posizionare una squadra in un punto da dover rapidamente spostarla o posizionare una nuova squadra per poterlo contenere.

Alle 23.05 per la prima volta viene utilizzato un elicottero per spegnare un incendio di un edificio. Il suo utilizzo è un’incognita non è possibile conoscere eventuali conseguenze. Le squadre arroccate sui tetti degli edifici che circondano il teatro la Fenice sono informate che di li a poco l’elicottero passerà sopra le loro teste rovesciando centinaia di litri d’acqua. All’elicottero viene agganciata un’apparecchiatura che di solito è usata per lo spegnimento degli incendi boschivi, un serbatoio di mille litri, tentare di usarla sull’incendio di un edificio in pieno centro urbano è una sfida dalle molte incognite, volare di notte sopra i tetti di una città già è difficile di giorno di notte è ancora peggio, mancano punti di riferimento i tetti non sono tutti alla stessa altezza, ci sono le antenne, i camini. L’intento è quello di scaricare l’acqua all’interno del teatro, per 122 volte l’elicottero farà la spola dall’adiacente Bacino di San Marco al teatro, ogni tre minuti sgancia mille litri d’acqua. Il suo contributo sarà determinate anche per bagnare i tetti degli edifici adiacenti evitando la propagazione.

Alle prime luci dell’alba il teatro si presentava con un’enorme scatola vuota, la polvere, i calcinacci, le travi bruciate e l’acqua grigia che esce dal teatro.

Ci sono volute circa dieci ore per avere ragione delle fiamme, il fumo acre e denso nasconde dei focolai che bisogna estinguere, per giorni i vigili del fuoco veglieranno sulle rovine del teatro.

Sullo sfondo la città di Venezia, rimasta stordita dall’evento e incapace di reagire.

Nei giorni a seguire i media diedero molto risalto all’operato dei Vigili del Fuoco, furono loro a salvare Venezia da un disastro che poteva avere proporzioni bibliche.

In quell’anno con Decreto del Presidente della Repubblica 16 Maggio 1996 fu conferita la medaglia d’argento al merito civile con la seguente motivazione: “In occasione dei disastrosi eventi di Secondigliano e del teatro 'La Fenice' di Venezia, gli uomini del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, incuranti dei rischi per la propria incolumita' fisica, si prodigavano con costante impegno in una   meritoria   opera   di contenimento dei danni a persone e strutture riuscendo, con il loro prezioso contributo di perizia ed esperienza professionale, ad impedire il verificarsi di piu' gravi conseguenze per la cittadinanza tutta". - 23 gennaio 1996 - Secondigliano (Napoli). - 29 gennaio 1996.

 

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